Emanuela Orlandi. Indagini: nuova partenza o presa in giro del pubblico?

Emanuela Orlandi. Indagini: nuova partenza o presa in giro del pubblico?ROMA – Il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi è come una droga, c’è anche chi ne è diventato un addict e va in crisi di astinenza se non se ne parla per mancanza assoluta di novità. Ed ecco che in soccorso dei MisterOrlandi-dipendenti viene sparata una notizia nella puntata di Quarto Grado e due sono già state sparate in precedenza sulle pagine di cronaca romana del Corriere della Sera. Tutte e tre notizie assolutamente prive di fondamento e che provocano anche un po’ di irritazione in chi segue la vicenda, perché sembrano frutto dell’idea che il pubblico abbia proprio l’anello al naso.

Ma andiamo per ordine.

Sulla pagina Facebook di Quarto Grado si leggeva quanto segue:

“Si sono conclusi gli esami di laboratorio sulle ossa ritrovate a Roma nella cripta della basilica di Sant’Apollinare e NON appartengono a Emanuela Orlandi: non c’è traccia della ragazza ma sono SPARITE diverse cassette che erano sul posto”.

A supporto di questa notiziona della “cassette scomparse” la pagina Facebook di Quarto Grado mostra per esempio questo commento:

“ Di sicuro le hanno fatte sparire prima della riesumazione del boss [Renato De Pedis, banda della Magliana]. D’altronde solo il Vaticano poteva dare l’autorizzazione alla riesumazione e solo loro potevano andare a vedere cosa ci poteva essere prima di far accedere la Magistratura italiana. Si sono fatti i conti a casa loro….. come fanno sempre!!”.

La firma del commento è di Giovanni Pacitti, un militare di professione impegnatissimo a dar man forte alle inziative di Pietro Orlandi non solo amministrando su Facebbok la pagina delle petizioni da spedire in Vaticano.

Peccato solo che “le cassette che erano sul posto” NON possono essere sparite per il semplice motivo che “il posto” era una cubo di cemento murato una sessantina di anni fa in una parete recante la scritta OSSARIO. E quando magistrati, polizia, avvocati e periti hanno sfondato il muro con il martello pneumatico per prelevare le cassette il muro era INTATTO. Nell’ossario erano chiuse 400 cassette con parte delle ossa raccolte nei resti del vecchio cimitero pre napoleonico che esisteva sotto la basilica finché Napoleone non impose di sotterrare i morti in appositi cimiteri fuori città. Prima era uso comune in tutta Europa sotterrare i morti sotto le chiese o nelle loro adiacenze. Ancora oggi in Vaticano i morti si seppelliscono sotto la chiesa parrocchiale vaticana di S. Anna.

Il resto delle ossa è stato messo in altre centinaia di cassette di metallo raccolte in un palazzo dell’Opus Dei in via dei Farnesi. Il perito nominato dai magistrati, dottoressa Cristina Cattaneo, responsabile del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense (Labanof), a un certo punto non trovando nulla di sospetto nelle ossa prelevate ha chiesto di poter far fare gli esani del dna anche a quelle altre migliaia di ossa.

I magistrati si sono però opposti perché era già chiaro fin da prima di devastare il sotterraneo della basilica e violare il sarcofago di De Pedis che era impossibible che potessero trovarsi lì i resti di Emanuela Orlandi o di Mirella Gregori.

Da notare che non è solo il Labanof a condurre le analisi, ma anche il laboratrio della polizia scientifica di Roma, Chissà perché, non lo nomina mai nessuno.

Dopo l’irruzione nei sotterranei di S. Apollinare e annessa apertura della bara di De Pedis sono state sparate man mano una serie di “notizie”, tutte fasulle. Qualcuno ha scritto che nella bara di De Pedis c’erano “anche ossa non sue”. Altri hanno scritto che “nella cripta di De Pedis e nelle sue adiacenze sono state trovate anche cassette di ossa non sue”. A “Chi l’ha visto?” sono arrivati a sostenere che “alcuni operai vi hanno trovato due scheletri di donne” – ovviamente giovani come la Orlandi e la Gregori… – guadagnandosi una sonora smentita dell’Opus Dei che proprietaria anche della basilica.

Ora si ripiega sulle cassette di ossa “sparite”. Come salta fuori questa ennesiva “notizia”? “Alcuni operai interrogati dicono che ce n’erano altre e così risulterebbe in effetti“, mi fanno sapere da Quarto Grado, prudentemente con il “risulterebbe” al condizionale. Non vorrei fossero gli stessi operai della “notizia” dei due scheletri a “Chi l’ha visto?”.

Non è vero neppure che gli esami sulle ossa siano stati conclusi. E’ una affermazione inesatta che nasce da quanto scritto ieri nelle pagine della cronaca romana del Corriere della Sera. Dove infatti si poteva leggere quanto segue:

 1) – “Il lavoro degli specialisti in camice bianco del laboratorio Labanof è finito. Le centinaia di cassette di ossa sono state passate al setaccio, una ad una. Diciassette mesi di accuratissime ricerche e confronti del dna hanno dato esito negativo: no, nella cripta di Sant’Apollinare dove il boss «Renatino» De Pedis riposò dal 1990 al 2012 (quando il Vaticano ha dato l’ok alla traslazione della salma), non c’erano frammenti ossei o altre tracce riconducibili a Emanuela Orlandi. Nulla di fatto: il controllo era necessario, per sgombrare il campo dal dubbio inquietante che la «ragazza con la fascetta» fosse stata uccisa nel complesso dove frequentò la sua ultima lezione di musica (22 giugno 1983), e a questo punto l’inchiesta può ripartire con una certezza. La verità sulla fine della figlia quindicenne del messo di Wojtyla, così come sulla coetanea Mirella Gregori, sparita 46 giorni prima, va cercata fuori da quelle sacre stanze”.

2) – “se, come appare scontato, sarà chiesto il rinvio a giudizio di Accetti “.

3) – “L’ufficializzazione della perizia sulle ossa arriverà a giorni”.

Purtroppo però non è vero che il lavoro degli specialisti del Labanof sia finito. E la loro perizia non verrà depositata “a giorni”, bensì non prima di un mese salvo miracoli o fine della pazienza dei magistrati inquirenti. Fermo restando che ci sono di mezzo anche i laboratori della polizia scientifica di Roma

La perizia va molto a rilento, perché è chiaro fin dall’inizio che la ricerca sulle ossa è un lavoro inutile, deciso dal procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone, arrivato da pochi giorni e perciò non a conoscenza del caso, a prescindere dalla volontà dei magistrati responsabili dell’inchiesta, Giancarlo Capaldo e Simona Maisto.

Forse Pignatone sperava che questa strana inchiesta finisse una volta per tutte, togliendosi così dai piedi della sua nuova responsabilità i troppi tormentoni a ufo che l’hanno accompagnata. Certo non immaginava di trovarsi nei piedi un altro tormentone, quello provocato dall’improvvisa comparsa di Marco Fassoni Accetti, che come è noto s’è autoaccusato addirittura di essere tra gli organizzatori del doppio sequestro, della Orlandi e di Mirella Gregori (sparita un mese e mezzo prima di Emanuela) , sia pure sequestro finto e con il consenso delle due ragazze.

Per sgomberare il campo da eventuali ulteriori balletti e “indiscrezioni” riguardo le ossa di S. Apollinare il procuratore della Repubblica ha inviato un po’ di ossa anche negli Usa, come ho scritto già nel novembre scorso, per farle analizzare con la tecnica del carbonio radioattivo, detto anche radiocarbonio.

Di questa tecnica i campioni negli Usa sono i laboratori del molto famoso Beta Analytic (sedi anche in Australia, Brasile, Cina, Corea, Giappone, India e Inghilterra). Per analisi del dna con un metodo, quello del radiocarbonio, praticato anche in Italia – a Firenze dal laboratorio Labec dell’Istituto di Fisica Nucleare e a Lecce dal Centro di Datazione e Diagnostica del dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento – ma assolutamente inutile nel caso in questione. Il margine di errore di errore con il radiocarbonio varia tra i 50 e qualche decina di migliaia di anni, ecco perché lo si usa per l’archeologia ed è invece inutile per risolvere un caso di appena 30 anni fa.

Al Corriere della Sera, avendo finalmente capito che la pista di S. Apollinare/De Pedis/ossa varie è un enorme bidone, non hanno fatto altro che anticipare i tempi della chiusura ufficiale. Che fosse una ricerca inutile l’ho scritto su Blitz un anno fa, nello stesso pezzo dove parlavo dei laboratori Usa. Scrivevo che l’indagine era ormai finalmente avviata a chiusura, ma sia al Labnof, sia alla polizia scientifica di Roma sia negli Usa se la sono presa con grande flemma perché avevano cose più serie da fare.

Non è neppure certo che Fassoni Accetti finisca rinviato a giudizio per il doppio “sequestro”. Allo stato delle indagini, infatti, è altrettanto probabile, se non di più, che finisca sotto processo per ostruzione della giustizia perché è possibile, se non probabile o certo, che le sue auto accuse siano solo invenzioni.

E che il flauto che ha fatto trovare a “Chi l’ha visto?” come “il flauto di Emanuela” sia l’ennesima “sola” rifilata al pubblico nel corso dei 30 anni passati dalla scomparsa di Emanuela. Sul Corriere della Sera hanno scritto che il caso Orlandi “riparte” con le indagini su Fassoni Accetti. Peccato solo che si sia ormai perso il conto delle “ripartenze” annunciate con la grancassa dal Corsera e finite tutte con la sordine nel cestino della spazzatura. Vedi i casi di “Emanuela è chiusa nel manicomio a Londra”, “al rapimento ha partecipato l’ex 007 con il nome in codice Lupo”, “l’indagine riparte dai preti pedofili di Boston”, e via collezionando cantonate.

Tanto è bastato però perché lo scoop di carta pesta della cassette sparite diventasse un nuovo delirio, come si capisce leggendo quanto scritto qui e con la solita imprudente solerzia quanto perfino quanto scritto su TGcom, che rilancia De Pedis e la sua bara.

In attesa della conclusione delle analisi per il dna sul flauto, di quelle per il dna dei capelli della lettera inviata da qualche mattacchione alla sorella di Mirella Gregori e chissà cos’altro ancora…

Lo spettacolo continua. Sempre più desolante e deprimente. L’allestimento finora c’è costato vari milioni di euro di soldi dei contribuenti buttati via in analisi chiaramente assurde più gli annessi e connessi.

 

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